I verbi italiani si suddividono in tre gruppi di coniugazione e si possono distinguere grazie alla terminazione dell’infinito.
La maggior parte dei verbi italiani appartengono alla prima coniugazione, tra cui la maggior parte dei verbi di nuova formazione come twittare, taggare, svapare. Questi verbi hanno una coniugazione regolare, e la maggior parte di loro seguono il modello del verbo amare, ad eccezione di alcuni verbi che hanno una particolare coniugazione.
Particolarità della prima coniugazione
I verbi in -care (caricare) e -gare (litigare) aggiungono una h prima delle desinenze che cominciano con e ed i per mantenere il suono duro della velare: io caric-o, tu caric-h-i, noi litig-h-eremo.
I verbi in -gnare (bagnare) all'indicativo e al congiuntivo presente della prima e seconda persona plurale aggiungono una i: noi bagn-i-amo, che voi bagn-i-ate.
I verbi in -ciare (abbracciare) e -giare (mangiare) perdono la i della radice quando la desinenza comincia con e o i: abbracc-erò (la radice sarebbe abbacci-)
I verbi in -gliare (sbagliare) perdono la i della radice quando la desinenza comincia con i: consigl-i (la radice è consigli-)
I verbi in -iare che all'indicativo presente della prima persona hanno la i tonica (inviare --> invìo, avviare --> avvìo) mantengono la i del tema, se tonica, anche nei casi in cui la desinenza comincia per i: invì-i, avv-ì-ino.
Alcuni verbi nella cui radice esiste il dittongo mobile –uo- oggi tendono a conservalo nell'uso sia nei casi in cui il dittongo si trova in sillaba tonica (tuòna) sia in quelli in cui il dittongo si trova in sillaba non tonica (tuonerà, tuonò). Altri verbi conservano il dittongo per evitare ambiguità con altri verbi. Quindi si dice nuotammo (nuotare) per distinguerlo da notammo (da notare).
Questa coniugazione include sia i verbi con la e del tema tonica (temère) sia quelli con la e non tonica (vèndere). Questi verbi derivano da due coniugazioni latine separate (per saperne di più sulla coniugazione vedere Modelli.
Appartengono alla seconda coniugazione anche i verbi che terminano in -rre. Questi verbi derivano dal latino e in origine avevano una vocale supplementare (ad esempio il verbo porre deriva dal verbo latino "pónĕre").
Particolarità della seconda coniugazione
I verbi che terminano in -ère con la e tonica, come temère, possono avere due forme per alcune persone del passato remoto: io temei o temetti; lui temé o temette, loro temerono o temettero. Tuttavia quando la radice del verbo finisce per t, come nel caso di potere, le forme in -etti, -ette ed -ettero non vengono normalmente usate. Le due forme a volte sono ugualmente frequenti.
I verbi in -cere, (vincere) -gere (porgere) e -scere (conoscere) modificano il suono da palatale a velare davanti alle desinenze che cominciano per "a" ed "o": vinc-erò, porg-erebbe, conosc-erei. Altri verbi invece mantengono il suono palatale (cuocere --> io cuoci-o, tu cuoc-i). Il suono palatale viene sempre mantenuto davanti alla u e quindi con i participi passati che terminano in -uto (piaci-uto, conosci-uto).
Alcuni verbi nella cui radice esiste il dittongo mobile -uo- oggi tendono a conservalo nell'uso. Questo succede sia nei casi in cui il dittongo si trova in sillaba tonica (muovo, muovi) sia in quelli in cui il dittongo si trova in sillaba non tonica (muovète, cuocerèi).
I verbi in -gnere conservano sempre la i delle desinenze -iamo, -iate (spegniamo, spegniate).
I verbi regolari della terza coniugazione seguono la coniugazione modello di partire o finire (vedi Modelli).
Particolarità della terza coniugazione
La maggior parte dei verbi della terza coniugazione introducono -isc- tra la radice e la desinenza di alcune persone dell'indicativo presente, del congiuntivo presente e dell'imperativo. Un esempio è finire:
Quasi tutti i verbi in -cire e -gire (marcire, agire --> marcisco, agisco) prendono il suffisso -isc nella coniugazione di indicativo e congiuntivo presente e imperativo. Esistono tuttavia alcune eccezioni: cucire, fuggire fanno, al presente indicativo, io cucio, io fuggo (e non *cucisco, *fuggisco).
Si ricorda che cucire è uno di quei verbi italiani che destano problemi anche per i più adulti: si tratta di un verbo anomalo e difettivo (vedere Sezione Verbi difettivi). Le forme problematiche sono nel presente indicativo (cùcio, cuci, cuce, cuciamo, cucite, cuciono) e nel congiuntivo presente (cùcia, cucia, cucia, cuciamo, cuciate, cuciano).
Con alcuni verbi è possibile avere sia la forma con -isc, sia quella senza -isc (applaudire --> applaudo o applaudisco; tossire --> tosso o tossisco).
Il verbi di servizio sono quei verbi che possono essere usati assieme ad altri verbi. In questo caso perdono il loro significato e diventano un tutt'uno con il verbo che segue. Si dividono in tre categorie: Verbi ausiliari, Verbi servili e Verbi fraseologici.
I verbi di servizio possono essere usati anche da soli e in quel caso hanno significati propri.
I verbi ausiliari sono quelli usati per formare i tempi composti e la forma passiva. I principali ausiliari in italiano sono essere e avere. Questi verbi sono irregolari e sono usati come ausiliari in tutte le forme composte, ma possono anche essere trovati da soli, quindi è utile vedere le loro forme insieme ai verbi regolari:
Quando essere è l'ausiliare, il participio passato deve concordare in genere e numero con il soggetto grammaticale (così per esempio: Lui è partit-o => masc. sing. vs. Lei è partit-a => fem. sing. vs. Loro sono partit-i => masc. plur.). Quando avere è l'ausiliare, il participio non concorda mai con il soggetto.
I tempi composti dei verbi transitive si formano sempre con l'ausiliare avere.
I tempi composti della maggior parte dei verbi intransitive si formano con l'ausiliare essere oppure con l'ausiliare avere, a seconda del verbo e del suo significato.
Alcuni verbi possono essere sia transitivi che intransitivi e utilizzare entrambi gli ausiliari per i tempi composti:
Per la forma passiva si usa sempre l'ausiliare essere o talvolta venire:
I verbi riflessivi e quelli pronominali, cioè quelli che terminano in -si come lavarsi, vogliono sempre l'ausiliare essere:
Anche i verbi impersonali vogliono sempre l'ausiliare essere (eccetto per i verbi meteorologici che vogliono l'ausiliare avere). Per maggiore informazioni vedere sezione Verbi impersonali.
Per i verbi servili è sempre possibile usare l'ausiliare avere. Tuttavia l'ausiliare del verbo servile può essere anche concordato con il verbo che il servile accompagna.
Il verbo essere può avere anche la funzione di copula e quindi comportarsi da verbo copulativo. A differenza dei verbi predicativi, che possono essere usati anche da soli perché hanno un significato compiuto (ex. piange; sto correndo); i verbi copulativi non possono stare da soli, sono sempre usati assieme ad un aggettivo o ad un sostantivo. Il principale verbo copulativo è essere:
Altri verbi che possono essere copulativi sono sembrare, diventare, risultare:
Tabella dell’uso degli ausiliari
Il verbi servili (dovere, potere, volere) sono anche detti verbi modali. Si chiamano così perché servono un altro verbo, quindi sono in genere usati insieme ad esso:
L'ausiliare usato è in genere quello del verbo che segue. Nelle forme composte, il modale prende lo stesso ausiliare del verbo principale:
I verbi servili possono essere usati anche da soli e in tal caso hanno significati propri. Ad esempio il verbo volere , può avere il significato di “esigere” quando viene usato da solo:
In italiano ci sono verbi che, oltre ad avere un proprio significato se usati da soli, possono essere seguiti da un altro infinito che altera il loro significato, ad es. possono enfatizzare la durata, l'inizio o la fine di un'azione. In altre parole, i verbi fraseologici sono quelli che, posti prima di un verbo all'infinito, ne precisano un aspetto temporale.
Qualche esempio: cominciare a, stare per, iniziare a, mettersi a, persistere nel, continuare a, smettere di, finire di, ecc.
Questi verbi uniti ad un altro verbo esprimono l'aspetto dell'azione. Si dividono in 5 gruppi: